La visione di Rogue One (primo di una serie di spin-off dell’Universo di Star Wars che si intervalleranno all’uscita dei capitoli “ufficiali”) è come partire in viaggio verso una meta già conosciuta ma decidendo di provare un percorso alternativo a quello che di solito si è abituati a fare. Proprio il coraggio di intraprendere una nuova strada è uno dei punti di forza della pellicola diretta da Gareth Edwards (Godzilla, Monsters).
LA NOSTRA OPINIONE
Come detto, Rogue One: A Star Wars Story, è come un viaggio verso una meta conosciuta: in questo caso, ci ritroviamo dritti dritti nelle atmosfere della Trilogia Classica, visto che la pellicola si posiziona poco prima dell’Episodio IV – Una Nuova Speranza, ovvero il capitolo che ha dato il via a tutto l’Universo di Star Wars.
Di fatto, ci si trova di fronte ad un film meno “tecnologico” rispetto anche solo ad Il Risveglio della Forza e che proprio per questo riesce ad essere credibile come prequel del film del 1977: inoltre, e questo deve far ben sperare tutti i fan per il proseguimento della Star Wars Anthology (il prossimo film, in uscita nel 2018, narrerà la storia di come un giovane Han Solo abbia conquistato il Millennium Falcon da Lando Carlissian), Rogue One riesce adi incastrarsi benissimo nel cosiddetto Canone andando ad aggiungere informazioni e in alcuni casi a riempire buchi che nel corso degli anni erano emersi nella Trilogia originale.
Il cast invece è anch’esso un buon punto a favore di Rogue One: sebbene la britannica Felicity Jones (La Teoria del Tutto) passi praticamente tutto il film con un espressione “ingrugnita”, riesce comunque a comunicare forte e chiaro la risolutezza del suo personaggio dal passato difficile ritrovatasi a guidare un gruppo di emarginati nella missione più importante per l’Alleanza, quella che darà il via alle vere e proprie Guerre Stellari. A fare compagnia a Jyn Erso troviamo Diego Luna (Milk, Elysium) nei panni di Cassian Andor, e soprattutto due personaggi che in modi diversi si rendono davvero singolari e per cui non si può non fare il tifo: da un lato l’androide K-2SO (cui presta la voce Alan Tudyk, già indimenticabile per tutti i fan della fantascienza nei panni di Wash nella serie TV Firefly) che con il suo cinismo e la sua schiettezza assume anche il ruolo di spalla comica in grado di sollevare a tratti il tono altrimenti molto cupo del film, mentre dall’altro lato troviamo Chirrut Îmwe (interpretato da Donnie Yen) che ha il compito di farci capire quanto la fede nella Forza possa essere potente.
Una menzione speciale meritano anche Forest Whitaker e Mads Mikkelsen, che rispettivamente ne panni dell’estremista Saw Guerrera e dello scienziato Galen Erso, riescono a sfruttare tutto lo screen time loro concesso per rendere i propri personaggi (soprattutto Mikkelsen) elementi fondamentali del Canone di Star Wars.
In conclusione, con Rogue One ci troviamo davanti ad un interessante quanto coraggioso tentativo di ampliare un Universo già sconfinato inserendo una storia che riuscisse a fare apprezzare ancor di più gli eventi dei vari Episodi. Restando vero il fatto che forse si sarebbe potuto osare di più sul fronte della trama, ci sentiamo comunque di consigliare la visione di questo film se non altro appunto per avere un punto di vista differente su alcuni degli avvenimenti che nelle altre pellicole erano solo acccennati e che qui invece vengono trattati in maniera più ampia. Il prodotto è apprezzabile sicuramente anche dal punto di vista degli effetti visivi, in quanto a tratti si ha davvero l’impressione di trovarsi di fronte ad un film uscito prima dell’Episodio IV (in questo senso, molto lo fanno anche le riproduzioni in CGI di alcuni attori della Trilogia originale).
Questo ritorno “a casa” sicuramente non deluderà gli appassionati, che però resteranno con la speranza che non si tratti solo di una mossa di marketing ma che davvero si voglia andare ad approfondire il mondo di Star Wars. Approvato!